Jorge Luis Borges, un nuovo paradigma per gli pseudobiblia

Con il passare degli anni e il mutare dei periodi culturali, anche il ruolo degli pseudobiblia subisce una netta e radicale trasformazione: essi infatti non sono più solo degli espedienti letterari veicolo delle idee creative degli scrittori, ma divengono piuttosto i veri e propri protagonisti dei racconti, andando ad avvolgere la parte dinamica e calda del nucleo narrativo.
L’autore per eccellenza che dà avvio a questo processo è l’argentino Jorge Luis Borges, narratore, poeta, saggista, che ha saputo coniugare, all’interno dei suoi racconti, idee filosofiche e metafisiche con i tipici tratti del genere fantastico (i libri misteriosi, le realtà del sogno, il tema del doppio, gli scarti temporali nella narrazione e così via).
Egli costruisce un vero e proprio sistema testuale all’interno del quale i libri e la letteratura, nonché il richiamo di citazioni e allusioni dotte, ricoprono un ruolo importantissimo, portando la sua intera produzione letteraria verso una visione molto più vasta ed allargata.

Per Borges è l’intero universo che deve essere inteso come “Libro di Dio”, all’interno del quale le persone e ogni essere vivente rappresentano dei versetti, capitoli, parole di un libro magico, il quale è l’unico ad esistere, o meglio rappresenta l’universo stesso.

Nelle epoche della fede l’uomo sapeva, almeno, che l’unico libro vero (la Bibbia, il Corano) e il libro dell’universo erano opera del medesimo autore: Dio. Il grande labirinto del mondo doveva perciò avere un significato, perché l’autore supremo non può contraddirsi. Nelle epoche prive di fede, invece, l’universo è veramente una Biblioteca di Babele, dove tutti i libri sono stati scritti con segni uguali (lo spazio, il punto, la virgola, le ventidue lettere dell’alfabeto), eppure nessuno di essi è identico a un altro, perché è pressoché infinito il numero delle possibili combinazioni di quei segni. E, quel che è peggio, nessuno può sapere se quei libri abbiano un senso o non contengano invece un numero di “insensate cacofonie, di farragini verbali e di incoerenze” come i sogni o le linee caotiche delle mani. Perché tutto può essere vero o falso.
(C. Vian,  Invito alla lettura di Jorge Luis Borges, 1980)

 

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Finzioni, opera in lingua originale

E’ proprio alla luce di quanto affermato da Vian che i libri immaginari acquisiscono un ruolo determinante: se è vero che l’universo è rappresentato dal libro di Dio, sarà altrettanto vero che quest’ultimo si identifica con la cosiddetta Biblioteca di Babele (racconto di Borges contenuto in Finzioni, 1944), ovvero uno dei sistemi più confusionari esistenti, ma al contempo severo e scrupoloso, suscettibile dunque di qualsiasi deduzione e interpretazione  in virtù del fatto che in esso tutto può essere vero o falso.
Gli pseudobiblia di Borges si propongono quindi di assolvere a questo ruolo, ovvero quello di traduttori e messaggeri di tale sistema: essi vanno studiati per la loro natura falsamente reale che incarna l’essenza stessa dell’intero universo.

Delirio faticoso e avvilente quello del compilatore di grossi libri, del dispiegatore in cinquecento pagine d’un concetto la cui perfetta esposizione orale capirebbe in pochi minuti! Meglio fingere che questi libri esistano già, e presentarne un riassunto, un commentario. Così fecero Carlyle in Sartor Resartus, Butler in The Fair Haven: opere che hanno il difetto, tuttavia, di essere anch’esse dei libri, non meno tautologici degli altri. Più ragionevole, più inetto, più pigro, io ho preferito scrivere, su libri immaginari, articoli brevi.
(Borges, in Finzioni)

Ci troviamo così davanti ad una raccolta di recensioni, descrizioni, resoconti su una serie di libri la cui impronta del falso quasi scompare all’interno della narrazione di Borges, lasciando al lettore un senso di suggestione e meraviglia.
E’ questo il caso de L’accostamento ad Almotasim (titolo originaleEl acercamiento a Almotásim, 1935) uno pseudosaggio, così come l’ha definito lo stesso Borges, il cui titolo rimanda ad un altro libro di un autore anch’esso frutto della fantasia dello scrittore argentino, ovvero l’avvocato Mir Bahadur Alì, di Bombay.
Il racconto si presenta sotto forma di un’arguta analisi di tale romanzo inesistente (tra il mistico e il poliziesco) da parte dell’avvocato indiano. L’intera opera viene esaminata sulla base di recensioni attribuite ad autori o apparse su riviste in parte vere e in parte inventate: sarà questo un espediente ricorrente anche nelle successive opere di Borges, in cui si ritrovano riferimenti di testi reali e fittizi, mettendo sempre in maggiore rilievo l’aspetto di straniante letterarietà di tutta la produzione borgesiana.
Lo stesso Borges afferma in merito al suddetto racconto:

Si tratta al tempo stesso di una burla e di uno pseudosaggio. Si presentava come la recensione di un libro apparso a Bombay tre anni prima, libro del quale attribuivo un’immaginaria seconda edizione a un vero editore, Victor Gollancz, e la prefazione a una scrittrice realmente esistente, Dorothy L. Sayers. Ma l’autore e il libro sono pura invenzione da parte mia… Quelli che lessero il pezzo lo presero sul serio, e uno dei miei amici ordinò perfino un esemplare del libro a Londra.
(Nota all’edizione italiana pubblicata da Adelphi, 2005)

Il racconto diventa via via sempre più complesso, perché al tema del finto romanzo se ne sovrappone un altro, rappresentato dalla storia editoriale del romanzo stesso: di questo infatti se ne sono avute due edizioni, di cui la seconda palesemente inferiore alla prima per via della molteplicità di elementi simbolici che l’avvocato vi avrebbe inserito.
D’altronde è l’intera situazione a nascondere un altro significato: Borges infatti, parlando della inferiorità della seconda edizione rispetto alla prima, suggerisce un’ulteriore inferiorità, ovvero quella relativa alla lettura del libro. Mir Bahadur Alì rovina il proprio libro non perché lo riscrive, ma perché lo legge, lo interpreta e inevitabilmente lo trasforma in una nuova versione.
Si tratteranno successivamente altri esempi di Borges  su come abbia rivisitato la natura degli pseudobiblia, ma ora è utile sottolineare la molteplicità dei livelli di interpretazione ed il diverso grado di verità/falsità che se ne trae, poichè ogni lettore nel momento in cui legge non fa che modificare i libri, cercando in essi ciò che maggiormente gli suscita emozione e creando pertanto diverse versioni degli stessi.

Mariagrazia

 

3 risposte a "Jorge Luis Borges, un nuovo paradigma per gli pseudobiblia"

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